Leitura Para o Isolamento 5

Hoje quero indicar dois gêneros literários que me agradam muito: contos e crônicas. Mesmo aquelas pessoas que não gostam muito de ler são atraídas por eles porque são histórias pequenas e rápidas…

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Ti odio Gianni Zuiverloon

Gianni Zuiverloon gioca ancora, vive e lotta insieme a noi e non ci avrei scommesso nemmeno un nichelino, se solo nel nostro sistema monetario esistessero i nichelini, che Gianni Zuiverloon fosse ancora un giocatore serio, attivo, verticale. “Non so di preciso quanto vale un nichelino e non voglio ricordarmi per quale arcano motivo Gianni Zuiverloon mi è entrato in teta” ho scritto quando ho avuto voglia di aprire il cassettone (vuoto) dei ricordi su Gianni ma più andavo avanti con gli ingranagi, più riuscivo a fare chiarezza dentro di me, mettendo al loro posto tutte le domande. Perché Zuiverloon, da pronunciare rigorosamente per intero, mi è finito tra gli scaffali del cervello come quel bigliettino dove hai appuntato le password del computer? Perché Gianni, questo nome tipicamente italiano, diffusissimo dalle mie parti come in ogni angolo dell’Italia? Ogni volta che sento qualcuno chiamare “Gianni!” nella mia testa la frase si completa con “Zuiverloon” e spesso lo faccio anche ad alta voce, come se fosse una cosa normale conoscere Gianni, che per me si pronuncia proprio Zuiverloon, con la oo più lunga, anche se la pronuncia olandese è dʒiˌjɑnɪ ˈzœy̯vərˌloːn. Chiaramente.

Gianni Zuiverloon nasce a Rotterdam, il più grande porto di mare del Vecchio Continente, a soli due giorni dalla prima alba del 1987. I genitori decidono di volergli bene fin da subito e all’anagrafe lo registrano come Gianni Michel Eugene Zuiverloon, regalandogli ben tre nomi tra cui decidere e fortunatamente finirà come tutti già sappiamo.
A sei anni il piccolo Gianni è stufo del karate e dell’odore di cloro della piscina comunale e chiede a mamma Zuiverloon di cambiargli sport, di iscriverlo alla scuola calcio e di farlo in fretta. Mamma Zuiverloon, che di calcio non ne sa molto ma che mai si metterebbe contro un bimbo arrabbiato e con tre nomi, pesca dal cassettone l’ultimo numero delle Pagine Gialle e dopo qualche minuto di sfogliare frenetico trova un nome e un indirizzo: Feyenoord Rotterdam, la squadra della città. Un paio di domande alla gentile centralinista sul costo del corso, l’angolo della strada per far prelevare il figlio dal pulmino della squadra e Gianni Zuiverloon diventa un bimbo delle giovanili del Feyenoord, tanto determinato a cambiare sport da passare 11 anni tra i piccoli e 2 in prima squadra.

Ora sarebbe bello riuscire a collegare al giocatorel’etimologia del nome Rotterdam, dove dam sta per diga e Rotte è appunto il fiume interrotto dala diga che tocca la città, raccogliere tutto e cucire addosso a Gianni un vestito brillante, epico, che lo faccia sembrare uno dei giocatori che più hanno dato lustro alla città di Rotterdam e alla squadra del paese, magari chiamandolo la diga di Rotterdam ma purtroppo la sua carriera è stata abbastanza normale.
Nella stagione 2004–2005 il tecnico dei biancorossi Ruud Gullit lo aggrega alla prima squadra, utilizzandolo solitamente come centrocampista difensivo nel secondo tempo col compito di alzare la cerniera della difesa e proteggere il risultato. Nel Feyenoord giocano asseieme a lui anche Dirk Kuyt, Salomon Kalou e Shinji Ono, Gianni fa in tempo anche ad esordire in Coppa UEFA prima di fare le valigie. La sua carriera poi fa così:
prestito annuale al Waalwijk, primo gol contro l’Herenveen.
rientro a Rotterdam e cessione all’Herenveen.
dopo due stagioni viene ceduto al West Bromwich Albion, in Inghilterra, per quattro milioni.
gioca due anni, poi prestito all’Ipswich, poi svincolato.
firma per il Maiorca, poi va in prestito all’Herenveen, poi svincolato.
firma per l’Ado Den Haag, svincolato.
firma per il Cultural Leonesa, sua attuale squadra.

In Twelve Yards, manuale di Ben Littleton su come calciare perfettamente un tiro dal dischetto, Zuiverloon racconta di aver vissuto i suoi due rigori con la consapevolezza di sapere perfettamente dove il pallone sarebbe andato a finire (chissà se era consapevole che non avrebbe mica tirato questi due rigori incredibili). Geri Jordet, psicologo sportivo, ha condotto diversi studi sul comportamento dei giocatori in momenti di forte pressione e stress, stabilendo che perdere tempo prima di un calcio di rigore non è sempre utile, che sia per innervosire il portiere o per focalizzare il proprio obiettivo, ma prendersi qualche secondo per respirare e convincersi di sapere cosa fare prima della rincorsa può aiutare ad acquisire maggiore sicurezza. Si parte dall’assunto che un giocatore che si appresta a calciare un rigore sappia già cosa fare, ovviamente. Jordet ha osservato che tutti i giocatori dell’Olanda in quella storica partita hanno avunto un tempo di risposta dopo il fischio dell’arbitro di circa 1 secondo, 5 decimi in più rispetto alla media degli inglesi che, a differenza dei ragazzi di De Hann, preferivano guardare altrove piuttosto che fissare il proprio sguardo su Watermann, il portiere olandese.La finale diventerà poi una mera formalità, con gli Oranje che asfaltano 4 a 1 la povera Serbia di Kolarov e Basta, laureandosi campioni d’Europa U21 per la seconda volta nella storia.

Alcune cose che rimangono di quell’Europeo e che possiamo facilmente richiamare all’attenzione

Zuiverloon non ha mai vestito la maglia della nazionale maggiore.
Oggi guida la difesa del Cultural Leonesa, che gli riconosce prestigio e valore in virtù della sua decennale esperienza e lui su Instagram si comporta un po’ da leader spirituale della squadra. Quante partite giocate a tutte le latitudini e quante botte prese per diventare il baluardo di una squadra della seconda divisione spagnola, passando dal titolo di Campione d’Europa ai campi polverosi dell’entroterra iberico, mentre la consistenza degli oggetti che ti circondano e l’aria ovattata che riempie gli spogliatoi della Premier League lasciavano spazio al sudore, alla semplice voglia di farsi ancora spazio in mezzo alla difesa. Nella scorsa stagione Gianni si è comunque tolto la soddisfazione di guadagnarsi sul campo la promozione in Liga2 guidando il Cultural.

Ma è ancora troppo presto per pensare al ritiro a 30 anni.
Chissà se fino alla fine Zuiverloon non riuscirà a strappare un annuale in Italia, magari al Chievo Verona, per difendere Sorrentino assieme a Gobbi e Dainelli. Suona anche bene la difesa a tre: Massimo — Dario — Gianni!

Ti odio Gianni.

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